PIGNORAMENTO IMMOBILI IN COMUNIONE LEGALE - Cass. civ. Sez. III Sent., 07-04-2023, n. 9536

PIGNORAMENTO IMMOBILI IN COMUNIONE LEGALE - Cass. civ. Sez. III Sent., 07-04-2023, n. 9536

Nel caso di espropriazione di un bene in comunione legale per crediti personali di un solo coniuge, la trascrizione del pignoramento va eseguita anche nei confronti del coniuge non debitore, in quanto anch'egli soggetto passivo dell'espropriazione, considerato che nella struttura di fattispecie a formazione progressiva del pignoramento immobiliare la formalità pubblicitaria ha la funzione di completare il pignoramento e di renderlo opponibile ai terzi, dovendosi dar conto della natura di cespite in comunione legale nel quadro "D" della nota di trascrizione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO LECCE, 27/01/2021)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO FRANCO - Presidente -

Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -

Dott. PORRECA Paolo - Consigliere -

Dott. ROSSI Raffaele - Consigliere -

Dott. FANTICINI Giovanni - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6535-2021 R.G.:

proposto da NUOVA EDILIZIA S.C., rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Galante, elettivamente domiciliata in Roma, Via Via Crescenzio 42 presso lo studio dell'avv. Paolo Pagliara;

- ricorrente -

contro

A.A. - B.B., rappresentati e difesi dall'avv. Fulvio Pedone, elettivamente domiciliati in Roma, Via Lidia 2, presso lo studio legale Pedone-Vergari;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 100 della CORTE D'APPELLO DI LECCE, depositata il 27/1/2021;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/2/2023 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI, che ha concluso per l'accoglimento di tutti i motivi del ricorso;

lette le memorie delle parti.

Svolgimento del processo

1. La Nuova Edilizia S.c. agiva nei confronti del proprio debitore B.B. e di A.A. (moglie del B.B.) per la revoca, ex art. 2901 c.c., del fondo patrimoniale costituito tra i predetti coniugi sull'immobile di loro proprietà; il Tribunale di Lecce, con la sentenza n. 1909 del 20/5/2013, dichiarava "inefficace nei confronti della Nuova Edilizia s.c.r.l., limitatamente alla quota di cui B.B. è proprietario dell'immobile..., l'atto per notar C.C.... con cui il predetto convenuto e A.A. hanno costituito un fondo patrimoniale conferendovi il predetto immobile".

2. Passata in giudicato la predetta decisione, la società promuoveva la procedura esecutiva immobiliare n. 1020-2013 R.G. Esec. Imm. del Tribunale di Lecce, assoggettando ad espropriazione la "quota" di proprietà del cespite appartenente a B.B., già oggetto dell'azione revocatoria e della succitata pronuncia.

3. All'udienza del 9/3/2015, il giudice dell'esecuzione, richiamando la decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013, ordinava al creditore di estendere il pignoramento anche nei confronti della A.A., coniuge in comunione legale del B.B. e, come tale, contitolare (senza quote) dell'immobile staggito.

4. La Nuova Edilizia procedeva a un nuovo pignoramento, ma dell'intero cespite e in danno anche della A.A.; questa proponeva opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi in ragione della pretesa impignorabilità del bene, in quanto destinato in fondo patrimoniale.

5. Il giudice dell'esecuzione sospendeva l'esecuzione e l'ordinanza veniva confermata dal Collegio in sede di reclamo.

6. Nella seconda fase dell'opposizione, il Tribunale di Lecce, con la sentenza n. 2273 dell'1/7/2019, statuiva che il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. era stato tardivamente introdotto dalla creditrice opposta (poichè il termine concesso non era stato rispettato eseguendo la "previa iscrizione a ruolo della causa"), la cui iniziativa era reputata inammissibile; nondimeno, il giudice di prime cure ribadiva l'impignora-bilità dell'immobile in comunione legale e costituito in fondo patrimoniale.

7. Proponeva appello la Nuova Edilizia, che censurava la decisione del Tribunale sia con riguardo alla declaratoria di inammissibilità della causa di cognizione introdotta dalla creditrice, sia in riferimento agli assunti di impignorabilità dell'immobile in fondo patrimoniale e di improponibilità dell'azione esecutiva.

8. Con la sentenza n. 100 del 27/1/2021, la Corte d'appello di Lecce accoglieva parzialmente l'impugnazione: il riferimento normativo alla "previa iscrizione a ruolo" doveva essere considerato "una infelice espressione di tecnica legislativa" e doveva, invece, ritenersi tempestivamente incardinato il giudizio di merito, avendo l'opposta notificato l'atto di citazione entro il termine assegnato dal giudice dell'esecuzione.

9. Sul merito, il giudice del gravame affermava che "la quota indivisa di proprietà di A.A.... non è pignorabile; il divieto è posto dall'art. 170 c.c.", in quanto la domanda di revocatoria del fondo era stata accolta limitatamente alla quota del B.B.; prendendo atto della dichiarata inefficacia (soltanto) parziale dell'atto di disposizione (ormai res iudicata), la Corte territoriale accoglieva l'opposizione, così in sostanza dichiarando illegittimo il pignoramento avente ad oggetto l'intero bene in comunione legale.

10. Avverso tale decisione, la Nuova Edilizia S.c. proponeva ricorso per cassazione, basato su tre motivi; resistevano con controricorso A.A. e B.B..

11. Per la trattazione della controversia è stata fissata l'udienza pubblica del 14/2/2023; il ricorso è stato trattato e deciso in camera di consiglio - in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020 e successivamente più volte prorogato - senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato tempestiva richiesta di discussione orale.

12. Nelle sue conclusioni motivate scritte il Pubblico Ministero concludeva per l'accoglimento di tutti i motivi del ricorso.

13. Le parti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Col primo motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2910 c.c., per avere il giudice d'appello ritenuto che l'inefficacia del fondo patrimoniale riguardasse esclusivamente la quota del B.B., anzichè l'atto dispositivo nel suo complesso; afferma la ricorrente che la revocatoria del fondo patrimoniale doveva necessariamente spiegare i suoi effetti nei confronti di entrambi i coniugi in comunione legale, in considerazione delle finalità dell'azione ex art. 2901 c.c..

2. Col secondo motivo, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2901, 2910 e 191 c.c., per avere la Corte d'appello omesso di considerare che, col conferimento del bene in fondo patrimoniale, la comunione legale su tale cespite si era trasformata in comunione semplice, alla stessa stregua dei beni per i quali non si stabilisca diversamente nell'atto di costituzione del vincolo; conseguentemente, una volta revocato l'atto dispositivo compiuto sulla quota, doveva reputarsi ammissibile l'aggressione in executivis della medesima quota.

3. Le censure - che possono essere esaminate congiuntamente, perchè tra loro connesse - pongono la questione degli effetti della revocatoria di un atto dispositivo che sia stata limitata ad una "quota" del bene della comunione legale.

Tale questione presuppone l'esame della natura della comunione legale e delle modalità con cui dev'essere assoggettato ad esecuzione il bene sottoposto a quel regime patrimoniale.

4. Già la sentenza della Corte Costituzionale n. 311 del 17/3/1988 aveva sottolineato la differenza ontologica tra la comunione legale e quella ordinaria: "Dalla disciplina della comunione legale risulta una struttura normativa difficilmente riconducibile alla comunione ordinaria. Questa è una comunione per quote, quella è una comunione senza quote; nell'una le quote sono oggetto di un diritto individuale dei singoli partecipanti (arg. ex art. 2825 c.c.) e delimitano il potere di disposizione di ciascuno sulla cosa comune (art. 1103); nell'altra i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto di quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente per oggetto i beni della comunione (arg. ex art. 189, comma 2). Nella comunione legale la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190), e infine la proporzione in cui, sciolta la comunione, l'attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi o i loro eredi (art. 194)".

5. Nella giurisprudenza di legittimità si è costantemente affermato che "la comunione legale tra coniugi è una comunione senza quote" (o "a mani riunite") (ex multis, da ultimo, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1647 del 19/01/2023, Rv. 666729-01, e, in precedenza, Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 2047 del 24/01/2019, Rv. 652625-01, Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 21503 del 31/08/2018, Rv. 650316-01, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 3557 del 14/02/2018, Rv. 647208-01, Cass., Sez. 3, n. 6575 del 14/03/2013, Rv. 625462-01, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14093 del 11/06/2010, Rv. 613438-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4890 del 07/03/2006, Rv. 587593-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12313 del 06/07/2004, Rv. 574171-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4033 del 19/03/2003, Rv. 561243-01, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 284 del 14/01/1997, Rv. 501725-01).

6. Per quanto concerne l'espropriazione forzata, a risolvere un acceso contrasto nelle prassi degli uffici giudiziari (e, conseguentemente, in dottrina e nella giurisprudenza di merito) è intervenuta Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013, Rv. 625462-01, la quale ha statuito che "La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione".

All'univoco orientamento interpretativo inaugurato dalla citata pronuncia - che, tuttavia, non costituisce un overruling giurisprudenziale, come diffusamente spiegato da Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 506 del 14/01/2021 - hanno aderito anche le decisioni di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11175 del 29/05/2015, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6230 del 31/03/2016, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28526 del 08/11/2018, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18771 del 12/07/2019, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 12879 del 13/05/2021, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 20845 del 21/07/2021, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22210 del 04/08/2021, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 150 del 04/01/2023, e Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1647 del 19/01/2023).

7. Dalla giurisprudenza (e, segnatamente, da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013) si ricavano, dunque, le regole per sottoporre ad esecuzione forzata il bene in comunione legale, ancorchè per debito di uno solo dei coniugi, e la disciplina di tale processo esecutivo:

a) il bene in comunione legale va necessariamente aggredito per l'intero (si deve "qualificare come sola legittima l'opzione ricostruttiva della necessità di sottoporre, per il credito personale verso uno solo dei coniugi, il bene a pignoramento per l'intero, nei limiti dei diritti nascenti dalla comunione legale");

b) "la soggezione ad espropriazione di un bene sul quale ha eguale contitolarità il coniuge non debitore lo configura come soggetto passivo dell'espropriazione in concreto operata, con diritti e doveri identici a quelli del coniuge debitore esecutato";

c) da tale premessa discende che del pignoramento va fatta "notificazione anche al coniuge non debitore", che è destinatario dell'ingiun-zione ex art. 492 c.p.c. e a cui si applicano anche le disposizioni "dell'art. 498, e dell'art. 567 c.p.c., vale a dire la necessità dell'avviso ai suoi creditori iscritti personali e della documentazione c.d. ipotecaria almeno ventennale a lui relativa";

d) la trascrizione nei registri immobiliari dev'essere eseguita anche nei confronti del coniuge non debitore, in quanto soggetto passivo dell'espropriazione, sia perchè, nella struttura di fattispecie a formazione progressiva del pignoramento immobiliare, la formalità pubblicitaria ha la funzione di completare il pignoramento e di renderlo opponibile ai terzi (così Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 37558 del 22/12/2022, Rv. 666570-01; in precedenza, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7998 del 20/04/2015, Rv. 635099-01), sia perchè il periodo individuato dal succitato art. 567 c.p.c. si riferisce ai "venti anni anteriori alla trascrizione del pignoramento", facendo menzione del pignoramento di cespite in comunione legale nel quadro "D" della nota di trascrizione (dev'essere così intesa, perciò, l'affermazione di Cass. 6575-2013, secondo cui "della contitolarità solidale derivante dal regime di comunione legale può darsi adeguato conto nell'apposita sezione - a contenuto libero - della nota di trascrizione di un pignoramento che va operato nei riguardi del bene per intero, o, comunque, nelle stesse forme in cui può essere comunque opponibile l'appartenenza alla comunione legale anche dei beni per i quali la nota di trascrizione non fa menzione espressa");

e) del bene così pignorato (per intero) va disposta la vendita o l'as-segnazione, ovviamente per l'intero;

f) al momento del trasferimento coattivo della proprietà del bene (e, quindi, per gli immobili, con la pronuncia del decreto di trasferimento), la comunione si scioglie limitatamente a quel bene e il coniuge non debitore matura il diritto alla metà della somma lorda ricavata dall'aliena-zione (o del valore, in caso di assegnazione).

8. Occorre ora valutare l'interazione tra questo quadro ricostruttivo e la disciplina dell'azione revocatoria ordinaria. In particolare, quanto agli effetti dell'azione ex art. 2901 c.c., è noto che la revocatoria ordinaria mira a rendere inefficace nei confronti del creditore un atto dispositivo che determini un pregiudizio alle ragioni creditorie, ostacolando - sotto il profilo quantitativo o quantitativo - il diritto di soddisfarsi sul patrimonio del debitore attraverso l'espropriazione forzata.

In altre parole, la domanda revocatoria è inequivocabilmente e univocamente preordinata all'espropriazione forzata.

9. Proprio la sua strumentalità rispetto all'esercizio dell'azione esecutiva impone di ritenere che - qualora l'atto pregiudizievole abbia riguardato un bene ancora assoggettato alla comunione legale, come nel caso di sua costituzione in fondo patrimoniale - al giudizio di revocatoria debbano necessariamente partecipare, come litisconsorti necessari, entrambi i coniugi (in proposito, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 5768 del 22/02/2022, Rv. 664077-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19330 del 03/08/2017, Rv. 645489-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21494 del 18/10/2011, Rv. 620535-01) e che la domanda di inefficacia dell'atto e la corrispondente pronuncia di accoglimento debbano riguardare l'intero bene e non soltanto una sua (inesistente) quota.

Anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18771 del 12/07/2019, non mas-simata, si è pronunciata in tal senso ed ha statuito che, "avendo la comunione legale dei coniugi natura di comunione senza quote, il pignoramento si esegue per l'intero, con conseguente revocabilità dell'atto complessivo e non in quota pari alla sola metà del bene".

10. La precedente statuizione non contrasta coi precedenti di questa Corte che hanno escluso il litisconsorzio necessario dei coniugi in caso di azione revocatoria, perchè le richiamate decisioni si riferiscono a fattispecie (differenti da quella in esame) in cui il bene della comunione legale era stato alienato a terzi, venendo così meno il suo assoggettamento allo speciale regime patrimoniale (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18707 del 01/07/2021, Rv. 661910-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17021 del 20/08/2015, Rv. 636301-01).

Infatti, affermare che "non sussiste... una ipotesi di litisconsorzio necessario del contraente alienante non debitore, nei casi in cui l'accoglimento dell'azione in favore del creditore non determini alcun effetto restitutorio nè, tantomeno, un effetto traslativo a favore dell'attore, ma comporti l'inefficacia relativa dell'atto rispetto al creditore, senza peraltro caducare, ad ogni altro effetto, l'atto di alienazione nei confronti dell'acquirente" (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18707 del 01/07/2021, in motivazione) implica (quantomeno implicitamente) che - nelle medesime ipotesi (di alienazione del bene in comunione) - la revocatoria può (e deve) avere ad oggetto soltanto la "quota" del coniuge debitore, sorta al momento della cessione a terzi del cespite.

11. Al contrario, in caso di costituzione in fondo patrimoniale, del bene i coniugi non dispongono ed esso rimane in comunione legale, dato che l'apposizione del vincolo non è annoverata tra le cause di scioglimento dell'art. 191 c.c. e - contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente - non costituisce "mutamento convenzionale del regime patrimoniale", nemmeno limitatamente a quel cespite.

12. Si deve dunque affermare che la domanda di revocatoria dell'atto con cui è stato costituito in fondo patrimoniale un bene della comunione legale va rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5, c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi (ancorchè solo uno di essi sia debitore) e, in quanto preordinata all'espropriazione forzata del medesimo cespite (necessariamente da compiersi per l'intero), essa è diretta ad una pronuncia d'inefficacia dell'atto complessivo e non limitata alla inesistente quota pari alla sola metà del bene.

13. Venendo alla fattispecie in esame, la sentenza che ha accolto la domanda ex art. 2901 c.c. della Nuova Edilizia ha inequivocabilmente limitato la propria statuizione alla "quota" dell'odierno controricorrente (il Tribunale, infatti, dichiarava "inefficace nei confronti della Nuova Edilizia s.c.r.l., limitatamente alla quota di cui B.B. è proprietario dell'immobile..., l'atto per notar C.C.... con cui il predetto convenuto e A.A. hanno costituito un fondo patrimoniale conferendovi il predetto immobile") e, come rilevato dalla Corte di merito, la decisione, ancorchè errata (per le ragioni anzidette), è passata in giudicato e non è più emendabile.

14. Come nella valutazione del titolo esecutivo giudiziale definitivo questa Corte ha la potestà di verificare la correttezza o meno dell'in-terpretazione datane dal giudice del merito (e tanto sia nella consolidata impostazione ermeneutica precedente, sia - ed a maggior ragione - sulla scorta di Cass., Sez. U, Sentenza n. 5633 del 21/02/2022, variandone soltanto l'estensione e i presupposti in un'ampiezza che, con riferimento alla fattispecie in esame, non è necessario approfondire e che si lascia pertanto impregiudicata), così il giudice di legittimità interpreta la sentenza di revoca ex art. 2901 c.c. che dell'esecuzione - e quindi della proposta opposizione - costituisce il presupposto; tale interpretazione deve essere necessariamente compatibile col sistema (sopra ricostruito) delle disposizioni in tema di espropriazione del bene in comunione legale.

Muovendo da tale presupposto, alla pronuncia che ha dichiarato "inefficace nei confronti della Nuova Edilizia s.c.r.l., limitatamente alla quota di cui B.B. è proprietario dell'immobile..., l'atto per notar C.C.... con cui il predetto convenuto e A.A. hanno costituito un fondo patrimoniale conferendovi il predetto immobile" - al di là dell'atecnico (per non dire errato) riferimento oggettivo alla "quota" - va attribuito l'effetto di precludere, sotto un profilo esclusivamente soggettivo, al solo B.B. la possibilità di esperire l'opposizione volta a far valere la limitazione all'espropriabilità derivante dall'art. 170 c.c..

In altri termini, la sentenza n. 1909 del 20/5/2013 del Tribunale di Lecce ha reso inefficace l'atto dispositivo, limitativo dell'esecuzione forzata, su un piano meramente soggettivo: essa ha impedito al solo B.B., siccome soccombente sul punto all'esito del relativo giudizio, di far constare (con l'opposizione esecutiva) alla Nuova Edilizia il vincolo del fondo patrimoniale, mentre nessuna preclusione ne deriva per la A.A., la quale - in quanto esecutata (essendo stato assoggettato ad espropriazione forzata l'intero cespite di cui è comproprietaria solidale), ma non destinataria della statuizione della menzionata sentenza - è, in tesi, legittimata, ricorrendone i presupposti e le condizioni, ad opporre al creditore, col rimedio ex art. 615 c.p.c., la limitazione (ex art. 170 c.c.) derivante dalla costituzione del fondo.

Così corretta e integrata la motivazione (ex art. 384 c.p.c.), le censure della ricorrente risultano infondate, posto che la revoca pronunciata dal Tribunale leccese nè spiega automaticamente i suoi effetti nei confronti del coniuge non debitore (non contemplato nel decisum, ormai passato in giudicato), nè consente, contraddicendo le premesse dogmatiche sulla natura della comunione legale, di aggredire il cespite soltanto per la "quota" della metà; ma si limita a rendere in ogni caso inopponibile, dal solo ivi soccombente, al vittorioso attore l'atto di costituzione.

15. Col terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 2697 e 170 c.c. e 115 c.p.c., per avere la Corte d'appello affermato che il citato art. 170 c.c. vieta di espropriare i beni costituiti in fondo patrimoniale, in contrasto col tenore della norma, che pone tale divieto solo per i crediti estranei ai bisogni della famiglia, e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, che onera l'esecutato opponente della prova dei presupposti applicativi del menzionato divieto.

16. Il motivo è fondato.

La decisione impugnata muove evidentemente da un presupposto errato e, cioè, dall'argomento secondo cui l'art. 170 c.c. vieta l'espropriazione forzata dei beni in fondo patrimoniale; conseguentemente, soltanto la revocatoria ex art. 2901 c.c. di tale atto dispositivo consente al creditore di agire in executivis.

17. Contrariamente a tali premesse, si rileva che l'art. 170 c.c. non sancisce affatto l'assoluta impignorabilità dei beni in fondo patrimoniale, ma introduce un divieto - che costituisce eccezione rispetto alla regola dettata dall'art. 2740 c.c. - di intraprendere azioni esecutive su detti beni (e sui loro frutti) a condizione che ricorrano i presupposti applicativi della citata disposizione.

Nello specifico, ci si riferisce agli elementi - oggettivo (la non inerenza del debito alle esigenze familiari) e soggettivo (la consapevolezza di tale circostanza in capo al creditore) - che consentono l'applicabilità della predetta norma, la cui dimostrazione (sia l'estraneità del debito ai bisogni della famiglia, sia la scientia del creditore) compete all'esecutato secondo un univoco orientamento giurisprudenziale, perchè, con l'opposizione ex art. 615 c.p.c., il debitore chiede di sottrarre i beni all'esecuzione forzata e, quindi, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell'onus probandi, deve dare prova del fatto impeditivo (eccezionale) del (generale) principio di responsabilità patrimoniale.

18. E', dunque, errata la sentenza impugnata che, in modo apodittico e coniando una regola che non si rinviene nell'art. 170 c.c., ha statuito l'impignorabilità del cespite nella misura in cui appartiene alla A.A. in base alla constatazione che la porzione costituita in fondo patrimoniale era rimasta indenne all'azione revocatoria, senza nemmeno indicare quali argomenti e quali prove fossero stati eventualmente addotti dall'opponente, sulla quale gravava l'onere di allegare (prima) e provare (poi) gli elementi dell'invocata disposizione codicistica.

19. L'accoglimento della terza censura comporta la cassazione della decisione impugnata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d'ap-pello di Lecce (in diversa composizione), alla quale è rimessa pure la regolazione delle spese, anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il terzo motivo del ricorso;

respinge il primo e il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 14 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2023


Avv. Francesco Botta

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